L’infiammazione acuta è una reazione protettiva del corpo contro l’invasione di agenti patogeni o danni ai tessuti (come avviene in seguito infezioni o traumi). Idealmente, la risposta infiammatoria acuta dovrebbe essere localizzata, autolimitata e terminare col ripristino dell’integrità dei tessuti e delle funzioni dell’organo. Se non risolta, l’infiammazione acuta può sfociare in una condizione di infiammazione cronica di basso grado (Low Grade Chronic Inflammation) che rappresenta un importante fattore di rischio indipendente per molte malattie croniche, come le malattie cardiovascolari, muscolo-scheletriche, metaboliche e neurologiche. 

Perciò,  gli episodi di infiammazione acuta sono fondamentali per la sopravvivenza durante gli attacchi da parte di agenti patogeni esterni o interni (lesioni traumatiche, infezioni, etc.) ma, recenti ricerche, hanno rivelato che alcuni fattori sociali, ambientali e di stile di vita possono promuovere una infiammazione cronica di basso grado (Low Grade Chronic Inflammation: LGCI) in grado di  favorire lo sviluppo di diverse malattie che rappresentano, collettivamente, le principali cause di disabilità e mortalità in tutto il mondo, come malattie cardiovascolari, cancro, diabete mellito, malattie renali croniche, stetao-epatite non alcolica e disturbi autoimmuni e neurodegenerativi. 

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Oltre il 50% di tutti i decessi è attribuibile a malattie legate all’infiammazione cronica silente come cardiopatia ischemica, ictus, cancro, diabete mellito, steatoepatite non alcolica (NAFLD) e condizioni autoimmune e neurodegenerative. 

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L’infiammazione acuta e la risoluzione dell’infiammazione sono processi coordinati complessi, che coinvolgono un numero di tipi di cellule e molecole, interagenti nello spazio e nel tempo. La complessità biomolecolare e il fatto che siano coinvolti diversi campi biomedici rendono necessario un approccio multi e interdisciplinare. 

L’infiammazione acuta fisiologica si manifesta come un crescendo temporale dei fattori dell’infiammazione (cellulari e molecolari) che, dopo aver eliminato la causa, si riducono per lasciare il posto ad altri fattori che culminano nella risoluzione. La risoluzione dell’infiammazione, con conseguente ripristino dell’integrità tessutale e funzionale, non è dovuta a una semplice diluizione passiva dei mediatori dell’infiammazione ma si tratta di un processo attivo, i cui protagonisti cellulari e molecolari sono ormai ben noti. Le lipossine, derivate dall’acido arachidonico, prodotte durante la risoluzione delle risposte infiammatorie autolimitanti, sono potenti e attivi segnali di arresto per l’infiltrazione di PMN e, perciò, alla base dello switch della fase infiammatoria verso la risoluzione. 

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